Il polietilentereftalato è il prodotto della polimerizzazione ottenuta a partire da GLICOL DIETILENE e ACIDO TEREFTALICO (vedi foglio 1). Il PET è richiesto ad un grado di purezza del 99.6%. Il problema era produrre l’acido tereftalico; dunque si è presto spostata l’attenzione versi il dimeniltereftalato (vedi foglio 2).
Tale reazione produce come sottoprodotto il metanolo. Tuttavia, anche produrre il dimeniltereftalato non è semplicissimo. La via più semplice sarebbe l’ossidazione del paraxilene, reazione fortemente esotermica e a bassa selettività. Si è pensato, allora, all’ossidazione con HNO3 per produrre acido tereftalico (vedi foglio 3).
L’acido nitrico ha l’inconveniente di dare molti sottoprodotti e dunque una selettività bassa. Il dimetiltereftalato parte da p-xilene, che ossidato dà acido p-toluico come intermedio fondamentale. Questo subisce una mutilazione con CH3OH, una nuova ossidazione e un’altra mutilazione per ottenere p-metiltereftalato.
Uno schema di produzione del dimetiltereftalato (vedi foglio 4).
Al reattore vengono inviati aria, metanolo e p-xilene. La corrente in uscita deve essere mutilata in un CSTR. Questo sistema è ormai superato perché si è trovato il modo di rendere reattivo l’acido p-toluico: si aggiunge Br nel catalizzatore che permette la formazione di un radicale dell’acido p-toluico. In figura viene riportata questa soluzione che dunque prevede un solo reattore di ossidazione. Il sottoprodotto più importante è la carbossibenzaldeide, che per specifica deve essere in concentrazione inferiori a 25 ppm. Per fare ciò si idrogenizza ad acido p-toluico e si ricicla come reagente. Questo sottoprodotto è indesiderato perché ha un effetto negativo sulla polimerizzazione.
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