Lo stirene viene prodotto a partire dall’ ETILBENZENE.
La sua produzione si sviluppò negli anni della seconda guerra mondiale, e si ebbe un notevole incremento a seguito della richiesta di stirene per la produzione di gomme sintetiche, polimerizzando quest’ultimo con il butadiene.
Tutti gli sforzi erano finalizzati a produrre stirene in quantità superiori rispetto a quelle a quel tempo disponibili, e nel giro di poco tempo si arrivò a migliorare il processo di produzione basato sulla reazione di DEIDROGENAZIONE DELL’ETILBENZENE (vedi foglio 1).
Nonostante l’elevata temperatura, il valore della costante K è sfavorita termodinamicamente, e l’equilibrio è tutto spostato verso l’etilbenzene. Intorno ai 900K si riesce ad ottenere una conversione massima del 30%
Si possono scrivere altre reazioni come quella di dealchilazione che porta alla formazione di benzene e toluene. Accanto alla necessità di lavorare a T elevate e fornire energia termica del sistema c’è la necessità di avere un’elevata selettività e, poiché la reazione avviene con variazione di volume, lavorando a P ridotte, possiamo spostare l’equilibrio verso destra.
Il sistema di produzione di stirene si presenta molto simile allo steam craking. Anche in questo caso le soluzioni industriali prevedono l’impiego di VAPORE, che riesce inoltre a mantenere pulita la superficie del catalizzatore e dunque a prolungare la durata del ciclo del lavoro del catalizzatore.
Sappiamo che la reazione è poco fornita termodinamicamente e che una riduzione di P sposterebbe l’equilibrio verso destra, tale effetto è però, diverso a seconda del sistema di reazione che sto considerando.
Nel sistema messo a punto in quegli anni, il rapporto H2O(v)/EB (in termini molari) raggiungeva un valore paria a 10; con una diluizione così spinta si raggiungeva una conversione di circa il 40% (per passaggio). Le rese sono limitate.
L’aspetto cinetico prevede l’utilizzo di un catalizzatore che sia particolarmente selettivo. Il catalizzatore messo a punto è a base di ossido di ferro, la fase attiva, ossido di cromo e un promotore come un composto del potassio, che ha, tra l’altro, proprietà di gassificazione dei composti carboniosi. Tale catalizzatore ha una selettività estremamente elevata, 98% e più.
Le T a cui lavora tale catalizzatore sono dell’ordine di 700°C.
Un aspetto ulteriore è legato all’uso dello stirene:sappiamo che questo viene prevalentemente impiegato per la produzione del polistirene. È chiaro che la polimerizzazione va controllata ed evitata nella fase di produzione dello stirene; la velocità di polimerizzazione dipende dalla T. Nelle condizioni di alta T a cui ci troviamo tale problema non si pone, ma nel momento in cui raffreddiamo occorre evitare che la T vada oltre i 120°C, accompagnata da altre precauzioni circa l’introduzione di un inibitore o rallentatore di polimerizzazione. Nel tempo si sono usati e si continuano a formulare nuovi prodotti per limitare la velocità di reazione di polimerizzazione.
D’altra parte lo stirene è richiesto in purezze molto elevate (il polimero prevede un alto grado di purezza).
Dopo l’ammoniaca e l’etilene, in termini di quantità, lo stirene è il più prodotto.
Raffreddando la corrente in uscita dal reattore è possibile recuperare calore per produrre vapore, compensando così in parte la necessità di vapore per la reazione. Il processo è energicamente favorevole. Parte all’ H2 viene utilizzata per essere bruciata per produrre energia termica per produrre vapore.
Dal punto di vista operativo, occorre un reattore a cui fornire calore; soluzione tipicamente adottata è quella di tubi riempiti di catalizzatore riscaldati dall’esterno.
Occorre limitare le perdite di carico all’interno del reattore.
Da tale soluzione si è passati ad un sistema a più stadi di reazioni, considerando la possibilità di separare l’H2 per spostare l’equilibrio e ottenere conversioni più elevate. Alla base dei processi vi è uno schema bene preciso (vedi foglio 2).
Sottraendo l’idrogeno è previsto un secondo stadio di deidrogenazione in cui altro etilbenzene può reagire.
Nello stadio di centro, allora, si ossida l’H2 a H2O selettivamente utilizzando un catalizzatore adeguato come platino su allimina.
In tal modo è possibile incrementare la conversione.
Esiste un’altra soluzione, quella di produrre stirene e acqua ossidando l’etilbenzene, il problema è,come al solito, quello di avere O2/idrocarburo.
Si tratta di utilizzare un processo di ossidazione selettiva. Il punto critico è legato al fatto che tendono ad avvenire nel sistema varie reazioni di ossidazioni parziale. Sappiamo, infatti, che le specifiche sullo stirene destinato alla produzione di polistirene rispetto alla presenza di composto ossigenati sono molto rigide, per cui tale aspetto diviene fortemente limitante. Bastano, infatti, poche percentuali di tali composti che il polistirene opacizza assumendo un color giallino.
REATTORISTICA
Il processo, al fine di incrementare la capacità, dell’impianto a parità di portata, ha introdotto dei reattori catalitici a flusso radiale anziché longitudinale, idea proveniente dalla sintesi dell’ammoniaca, per avere perdite di carico limitate (il che significa alimentare una portata maggiore di perdita di carico oppure avere un reattore di capacità maggiore a parità di portata).
La logica è quella di separare e riciclare l’EB non reagito. Quest’operazione è però critica, prima di tutto perché le T a cui operare sono dell’ordine dei 100-150°C (a seguito del raffreddamento) dunque si incorre nel pericolo della polimerizzazione;occorre pertanto aggiungere un inibitore. Il secondo aspetto critico consiste nelle difficoltà di separare EB e stirene, avendo Teb vicine, concentrazioni relative molto basse, per cui occorre realizzare una separazione molto difficile.
Ipotizzando di condurre una distillazione classica,otterrei al fondo stirene ed in testa EB; lo stirene al fondo si trova a P atmosfera e alla Teb, ma T inaccettabile poiché si ha la polimerizzazione.
Occorre allora cominciare a considerare l’idea di realizzare la distillazione a P ridotta (riducendo la P riduco la T al fondo e con l’inibitore sono sicuro che la polimerizzazione non avvenga).
In funzione della T da realizzare nel prodotto di fondo occorre considerare il profilo di T lungo la torre e la variazione di P, che diminuisce anch’essa verso la testa. I due valori di P in testa e al fondo sono collegati alle caratteristiche del liquido di fondo ed al prodotto di testa, ma anche correlati alla perdita di carico sulla torre stessa.
Devo allora controllare la T di fondo, che deve risultare compatibile col profilo di P lungo la torre; le perdite di carico devono essere sufficientemente piccole (riduco il numero dei piatti o riduco il delta P per ogni stadio).
Ciò significa che non posso realizzare la mia separazione ai lavori di purezza voluti senza polimerizzare lo stirene.
La separazione veniva effettuata attraverso un sistema complicato di più colonne con costi elevati. Si è riusciti a migliorare il processo prima con la realizzazione di piatti a perdita di carico sempre più piccola per singolo piatto, poi si è passati da una colonna di distillazione a patti ad una colonna di distillazione a riempimento.
Tuttavia, ulteriori problemi sono dati anche all’interno di tali colonne dalla formazione di prodotti secondari, e dalla polimerizzazione che tenderebbe ad intasare la colonna. Occorre allora ottimizzare la morfologica del riempimento, la dimensione dei passaggi, etc.
Una soluzione è quella di suddividere il processo in più stadi ognuno dei quali funziona adiabaticamente.
Abbiamo visto che gli intervalli che vengono fatti favorevole termodinamica del sistema sono:
l’adozione di una T massima possibile;
catalizzatore selettivo;
pressione ridotta attraverso diluizione con vapor d’acqua
spostare l’equilibrio può significare sottrarre l’idrogeno dall’equilibrio. Abbiamo visto omunque che il problema principale è la selettività.