chimica industriale 2
  cumene
 
Si parte da benzene più propilene a formare CUMENE ISOPILBENZENE e da esso si continua ottendendo il FENOLO come prodotto finale e l’ACETONE come sottoprodotto. La storia del processo parte dalla SOLFAZIONE DEL BENZENE per produrre acido solfonico; trattando questo con idrossido di sodio si ottiene il fenolo più folfito e bisolfito. Dall’acido solforico si passò al CLORO con il processo DOW: si opera una clorurazione del benzene, trattando questo con una soluzione acquosa di NaOH si ottiene fenolo più NaCl. Il costo di tale processo era fortemente legato al costo del cloro e dell’idrossido di sodio. Un’alternativa era l’ossiclorurazione, in cui, per rendere tutto più reattivo, si introduceva O2 e HCl ottenendo cloro benzene, che viene idrolizzato a fenolo e acido cloridrico.
Il processo fondamentale è il PROCESSO AL CUMENE (vedi foglio 1).
La prima reazione presenta però problemi di selettività ad isopropilbenzene, in quanto può dar luogo ai vari isomeri. Ricordiamo che le reazioni di alchilazione sono reazioni acido-catalizzate. In tal casi si utilizza acido fosforico supportato su silice, e ha la proprietà particolare di essere selettivo nei confronti dell’isopropilbenzene. Per anni questo è stato il catalizzatore fondamentale ma quando si è sviluppato il processo di produzione dell’EB su catalizzatore zeolitico si è cominciato a pensare a soluzioni alternative. Il limite delle zeoliti è però quello di richiedere reagenti di purezza elevate e il fatto che il propilene è molto più propenso a dare reazioni di oligomenizzazione. Limite principale dell’HCl era l’impossibilità di generare.
L’evoluzione del processo con l’utilizzo di zeoliti si è spinto verso l’uso di alimentazione meno pure e limitare l’isomerizzazione a normal propilbenzene.
In termine di sicurezza, il processo dell’idroperossido di cumene ha un rischio elevato, dunque, occorre prevedere due stadi di reazione. Il processo fornisce elevate rese, ma l’inconveniente dell’acetone come sottoprodotto.
E’ per questo che molte altre alternative di processo si dirigono verso l’eliminazione dell’acetone.
Un altro processo è il PROCESSO DSM che parte dal toluene che con blande ossidazione e catalizzatore a base di rame arriva la fenolo (vedi foglio 2).
Tale soluzione è utile qualora vi siano richieste di mercato per i vari intermedi. Tecnologie in fase di sviluppo sono la MITSUI ACETONE RECYCLE ROUTE e la SOLUTIA/BIC N2O BENZENE OXIDATION ROUTE.
La MITSUI propone di riutilizzare l’acetone per produrre propilene da usare nuovamente per produrre cumene e chiudere così il ciclo. Naturalmente il successo del processo dipende dal valore relativo dell’acetone e del propilene.
L’altra via prevede un’ossidazione selettiva del benzene usando protossido di azoto N2O per ottenere fenolo più azoto. Il problema è produrre l’N2O. Si è pensato, allora, di costruire un impianto per la produzione di fenolo integrato con un impianto per produrre acido adipico per il nylon, che genera H2O nelle immissioni che devono essere abbattute.
Un’altra alternativa, parte dal benzene per produrre clicloesene idratato a cicloesanolo che da poi fenolo. Il primo stadio non è semplice, poiché occorre fermarsi al cicloesene con l’idrogenazione.
Un’altra proposta fu quella dell’ENICHEM per utilizzare acqua ossigenata, (però l’H2O2 costa molto a chi la produce).
Il reattore di alchilazione è suddiviso in quattro letti catalitici contenuti in due reattori in serie. Una miscela di benzene fresco e riciclato è caricata attraverso i reattori di alchilazione. L’eccesso di benzene è utilizzato per evitare la polialchilazione e minimizzare l’oligomenizzazione. L’ alimentazione di propilene fresco è ripartita tra i quattro letti catalitici, limitando in tal modo gli effetti secondari di reattività del propilene. Si fa in modo che in ogni reattore vi sia conversione totale del propilene; il rapporto benzene/propilene è sufficientemente elevato. La reazione è complessivamente esotermica; l’aumento di temperatura si controlla riciclando parte degli elementi.
Nel caso del processo CDTECH, la colonna è impaccata con numerosi letti di materiale vetroso inerte contenenti il catalizzatore. Benzene e propilene sono alimentati in testa alla colonna. La reazione di alchilazione è altamente esotermica e il calore di reazione può essere usato per vaporizzare il benzene non reagito in modo che l’alchilazione possa procedere in maniera isotermica. Il riciclo del benzene permette di ottenere una selettività elevata. I vapori di testa sono condensati. Il propano e i più leggeri sono rimasti e la corrente di benzene ritorna alla colonna come riflusso.
Il primo processo ha una specifica colonna per l’eliminazione del propano (depropanizer), dove propano e acqua sono rimossi dall’effluente. Il prodotto di fondo è inviato ad una colonna benzene, dove il benzene non convertito è riciclato ad una colonna cumene. Nel processo COTECH, invece, i prodotti sono rimossi in continuo dalla colonna; la concentrazione di propilene è mantenuta al di sotto dello 0,1% in peso dovuto all’elevata volatilità del propilene rispetto al benzene. Tale condizione azzera quasi l’oligomerizzazione.
La caratteristica principale  del processo MOBIL è il catalizzatore utilizzato che può operare stabilmente a rapporti neolari di benzene/propilene di 1,5/1, molto basso. Ciò significa che tutte le dimensione sono ridotte proporzionalmente e ciò si traduce in costi minori. Un catalizzatore del genere opera per 5 anni. Per rigenerare il catalizzatore si bruciano gli idrocarburi ad alto PM che si depositano sul catalizzatore. Questo, è più acido dell’acido fosforico dunque le condizioni di lavoro richieste sono meno severe.
 
 
 
 
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