Un importante composto prodotto a partire dal metanolo è la formaldeide, sfruttata per produrre materiale polimerico. Essa è un materiale tossico in quanto può provocare gravi danni al sistema nervoso(sostanza neurotossica). E’ anche uno dei principali inquinanti in ambienti chiusi, a causa del suo diffuso utilizzo nelle resini di mobili e rivestimenti.
La reazione che porta alla formazione della formaldeide a partire dal metanolo è stata osservata per la prima volta un centinaio di anni fa; in particolare si vide che ponendo del materiale con ossigeno in presenza di platino si otteneva prevalentemente formaldeide, ed in tempi abbastanza veloci. Tali osservazioni nel tempo permise di trasformare il processo industriale su larga scala, abbandonando la via del platino.
Normalmente la formaldeide non viene prodotta temperatura ambiente allo stato gassoso (a causa della sua elevata reattività e volatilità) ma in soluzione acquosa poco concentrata, la formalina (37% in peso) anche se oggi si tende a concentrare maggiormente le soluzioni per ottenere minori costi di trasporto.
Le reazioni che portano alla formazione di formaldeide sono (vedi foglio 1).
La prima reazione di deidrogenazione è endotermica e dunque favorita a T elevate e a basse P. la seconda reazione di ossidazione parziale del menatolo è invece esotermica e non presenta problemi termodinamici.
Queste due reazioni sono alla base di due importanti processi, uno che sfrutta la sola reazione di ossidazione selettiva, l'altro avviene attraverso entrambe le reazioni.
Entrambe le reazioni richiedono la presenza di un catalizzatore, e in maniera particolare la seconda, che dovendo competere con altre reazioni di ossidazione, necessita di un catalizzatore per trasformare selettivamente il metanolo in formaldeide invece che in altri prodotti non voluti. Tali reazioni di ossidazione parziale sono termodinamicamente favorite a basse T ( ciò significa cinetiche lente, dunque a maggior ragione la necessità di un catalizzatore); sono caratterizzate da reazioni esotermiche e, siccome la selettività non è mai del 100%, le reazioni parziali sono accompagnati quasi sempre dalle ossidazioni totali: si ha sempre a che fare con il problema della gestione termica di sistema (si generano quantità più o meno grandi di calore). In un sistema adiabatico ciò porterebbe al raggiungimento di temperature elevatissime che tenderebbero a sfavorire il sistema di reazione; è per questo che si adottano soluzioni differenti con sottrazione di calore che mantengono temperature controllate.
Nasce dunque il problema di come smaltire il calore prodotto realizzando un efficiente raffreddamento del reattore.
Un altro aspetto che caratterizza tali reazioni è la reattività dei reagenti dal punto di vista della sicurezza: in certe condizioni, infatti, sostanze organiche e ossigeno danno luogo a miscele esplosive o comunque infiammabili.
Vi sono delle tabelle o dei grafici che riportano i valori limiti superori ed inferiore di concentrazione che delimitano i range di valori di reagente da evitare. Per esempio, nel grafico tra le curve di è rischio di infiammabilità. (vedi foglio 2)
Esistono dei parametri che consentono di valutare, per una data miscela, un valore limite di temperatura, al di sotto del quale la miscela non è infiammabile. Le valutazioni progettuali andranno dunque fatte in realizzazione alla T, alla P e a questo parametro, ovvero alla T alla quale si raffredda e non si ha una fiamma stabile.
Generalmente esistono due zone “tranquille” rispetto ad una zona a rischio, caratterizzati da differenti valori di concentrazione, che mi permettono di scegliere se lavorare in condizioni di alimentazione diluita o concentrata, a rapporti più o meno elevati O2/ reagente.
Lavorare con una bassa concentrazione di reagente, ovvero con alimentazione diluita, mi permette di convertire tutto il reagente e tendere cosi ad una conversione unitaria; occorre però considerare il fatto che più diluisco l’alimentazione più abbasso la produttività del sistema.
Dal punto di vista dello schema di processo ho il vantaggio di convertire tutto il metanolo introdotto (lavorando con alimentazione diluita) e non dover recuperare quello non reagito e doverlo separare e riciclare.
Un altro aspetto che va considerato è la valutazione della concentrazione di metanolo dell’uscita, per poterlo scaricare confrontando il valore in uscita con quello limite fissato dalla legge.
Devo allora tener conto di questo e osservare come varia la concentrazione in uscita del metanolo in base alla conversione ottenuta. Lo stesso tipo di ragionamento vale nel caso alimentazione concentrata di metanolo.
In questo caso è impossibile tendere ad una conversione completa; in tal caso si deve allora pensare di avere un reattore in cui in ogni passaggio si avrà una conversione parziale, e un sistema di recupero del metanolo non reagito per poi riciclarlo.
Ovviamente occorre un efficiente separazione del metanolo, per evitare di ottenere elevate concentrazioni in uscita.
Inoltre, più la concentrazione è maggiore, più ci si aspetta una generazione di grosse quantità di calore. In tal caso il problema del raffreddamento è rilevante.
Altre considerazioni riguardano l’ossidante; naturalmente ho due possibilità di scelta:ossigeno puro e aria. È ovvio che l’ O2 puro costa più dell’aria ed è più difficile da gestire. Usare aria ha una seria di vantaggi, tra cui quello di sfruttare l’inerte N2, soprattutto come volano termico.
Occorre però considerare anche un altro aspetto, ovvero la velocità con la quale si sottrae calore al sistema; è bene assicurarsi un’ adeguata portata di refrigerante e all’interno del reattore una T omogenea. Dunque per quanto riguarda l’inerte-diluente, è necessario non solo una buona capacità termica ma anche la conducibilità termica del gas da utilizzare come refrigerante. Allora, avendo un elevato calore specifico e un’elevata capacità termica. posso pensare, con una portata relativamente piccola di refrigerante, di avere un elevata efficienza di smaltimento del calore in tempi veloci.
Come già accennato uno dei due processi industriali è quello dell’ ossidazione parziale, basato sull’impiego di un catalizzatore molto selettivo, che lavora in difetto di metanolo. Il primo risultato ottenuto storicamente fu che, in presenza di cristalli di Ag, il metanolo si convertiva a formaldeide a temperature dell’ordine di grandezza di 500-600° C; il catalizzatore catalizza sia l’ ossidazione che la riduzione.
Se alimentassi l’ossigeno e metanolo in eccesso, sfruttando cioè un alimentazione concentrate in metanolo (processo methanol rich) potrei pensare di sfruttare entrambe le reazioni: dalla reazione di ossidazione ottenere una certa conversione a formaldeide utilizzando tutto l’ossigeno, e, avendo a disposizione metanolo in eccesso potrei ottenere formaldeide anche dalla reazione di deidrogenazione avendo cosi una conversione ulteriore. La scelta di lavorare in eccesso di metanolo allora è compensata parzialmente dal fatto che il metanolo si converte anche con la seconda reazione.
L'altro processo è stato messo a punto alcune decine di anni dopo quello all’argento e prevede l’utilizzo di catalizzatori non a base di metalli nobili. Il risultato degli studi di ricerca è stato lo sviluppo di un catalizzatore a base di molibdato di ferro. In tal caso si lavora in eccesso di O2. Le T di lavoro sono più basse in quanto il molibdato lavora a 400°C circa o anche meno. Occorre però in tal caso un volume di catalizzatore più grande, il che significa lavorare con velocità spaziali più basse. In compenso la durata del catalizzatore è maggiore e le prestazioni complessive sono, in termini di conversione, del 95%.
Siccome all’uscita del reattore si ha una corrente contenente formaldeide, metanolo non reagito, azoto, vapore e sottoprodotti, deve essere trattata a valle ma, visto che, si ha la presenza di componimenti con proprietà fisiche molto diverse tra loro, la soluzione è quella di effettuare un primo assorbimento con acqua per separare i più volatili mentre la formaldeide e il metanolo rimangono sciolti in acqua.
La corrente gassosa di coda, contiene comunque ancora concentrazioni molto piccole di metanolo, per cui, per rispettare i limiti di emissione deve subire ulteriori trattamenti per abbattere l’organico. La soluzione acquosa di formaldeide e metanolo non reagito viene inviata ad una torre di distillazione, dalla quale prelevo in testa il metanolo che viene riciclato al reattore, e dalla coda una soluzione di formaldeide in acqua.
Il processo si è evoluto in due direzioni: uno sviluppo è andato verso la concentrazione delle soluzioni acquose di formaldeide. L’altra soluzione verso la produzione diretta di una soluzione urea-formaldeide. La seconda soluzione è particolarmente vantaggiosa se s’intende destinare la soluzione alla produzione di resine urea-formaldeide, la prima soluzione è invece legata al ridurre i costi di trasporto della soluzione di formaldeide. Tanto più la soluzione è concentrata, a parità di volumi, sto trasportando in maniera più economica la mia soluzione.
Il terzo sviluppo del processo consiste nell’unificare le due sezioni di separazione in un’unica colonna in cui si ottiene sia l’assorbimento che la distillazione. L’operazione di depuramento sfrutta il potere calorifico del carbonio della corrente (combustione). Per realizzare la reazione di ossidazione totale, però ho bisogno di T sufficientemente elevate (devo spendere una certa quantità di energia). Ho bisogno quindi di riscaldare la corrente per la combustione e raffreddare la corrente che va al camino; si pone dunque il problema di come realizzare quest’operazione in maniera economicamente efficiente.
La reazione di combustione è fortemente esotermica, e la quantità di calore che si genera è fortemente legata al contenuto di C e H2 della corrente gassosa. Si può pensare di avere nel sistema “auto termico”, sfruttando il calore generato dalla reazione per preriscaldare la corrente in ingresso all’operazione. Siccome spesso le correnti sono poche concentrate,la quantità di calore che si genera dalla combustione non è sufficiente per effettuare il riscaldamento;avrò dunque dei costi di energia termica da generare per questo trattamento. Quello che si è pensato di fare, allora, è una combustione catalitica: la T di innesco della combustione viene ridotta con l’impiego di un catalizzatore in grado di cominciare ad ossidare quel composto organico a T tanto più bassa quanto più efficace è il catalizzatore. In tal caso il processo non è molto semplice ma mi permette di chiudere il bilancio termico.
Quando ci sono correnti molto poco concentrate occorre pensare ad altre soluzioni; se la concentrazione è media conviene utilizzare la combustione catalitica.
Un’altra soluzione, la tipica che in questo caso utilizza, è quella di fare un adsorbimento. Tale operazione necessita però di rigenerazione dell’adsorbente e si configura dunque come un processo discontinuo.
Posso allora pensare di accoppiare le due soluzioni in un’altra, in cui lo stadio di adsorbimento viene utilizzato per concentrare la corrente gassosa, dopo di che è possibile procedere alla combustione catalitica.
(per uno schema del processo vedi foglio 3).